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FESTA DELLA DONNA




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NON E' UNA FESTA, MA UN INVITO ALLA RIFLESSIONE


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A discapito del banale nomignolo che si è soliti dare, ovvero “Festa della Donna”, l’espressione “Giornata internazionale dei diritti della donna” suona, di gran lunga, molto meglio. Anche se di strada ce ne ancora da fare... qualcosa come diritti famigliari, sociali, lavorativi e personali sono stati raggiunti con grande sforzo e dedizione.
Storicamente sappiamo come veniva etichettata una donna e, per una questione di stima e rispetto, vorrei riflettere con voi sul coraggio che alcune di esse hanno avuto nel riunirsi e manifestare per i diritti civili e sociali di tutta la categoria, in un’epoca saldamente ottusa e ancora fortemente patriarcale. 
Per avere un’idea chiara dobbiamo catapultarci nella Francia del 1700 durante il tumultuoso periodo della Rivoluzione francese. Infatti, le prime avvisaglie di un’insurrezione femminista ha inizio durante questo periodo ad opera di una drammaturga e attivista francese: Olympe de Douges,  che rivolgendosi a Maria Antonietta redisse la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina nella quale affermava: “La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell’uomo. L’esercizio dei diritti naturali della donna non ha altri limiti se non la perpetua tirannia che le oppone l’uomo. Questi limiti devono essere infranti dalla legge, dalla natura e dalla ragione”. 


Olympe si batteva per l'uguaglianza dei diritti civili e politici tra i due sessi, per l’ottenimento al diritto dello scioglimento del matrimonio e l'instaurazione del divorzio. Ella sosteneva che le donne erano capaci di assumersi le stesse responsabilità che tradizionalmente erano riservate agli uomini e, in tutti i suoi scritti, chiedeva che le donne venissero ammesse ai dibattiti politici e sociali. 
Dopo un secolo, precisamente nella Gran Bretagna del 1896, Millicent Garrett Fawcett, scrittrice e attivista britannica, con l’obiettivo di ottenere da parte delle donne il diritto di voto, creò l’Unione nazionale del suffragio femminile. È questo il momento delle “suffragette”. A seguire qualche anno più tardi, Emmeline Pankhurst, un'attivista e politica britannica, con le sue due figlie fondano l’Unione sociale e politica delle donne, un'associazione composta da sole donne che protestavano in modo molto violento sempre con l’obiettivo di ottenere il diritto al voto. Pankhurst, le sue figlie e altre attiviste ricevettero ripetute sentenze di condanna da scontare in prigione ove organizzarono uno sciopero della fame in segno di protesta. 


E’ solo a partire dagli anni sessanta che si raggiungono importanti traguardi. Le donne ottengono il diritto all'aborto, alla pillola anticoncezionale e al divorzio. Nel 1975 viene attuata una riforma del diritto di famiglia, con la quale si passava dalla potestà maritale all’uguaglianza dei coniugi, dalla potestà maritale sui figli alla potestà genitoriale, e alla revisione delle norme sul regime patrimoniale nel matrimonio. 


Nella prima metà degli anni ’90 le donne si ritrovano a ricoprire ruoli lavorativi, che fino a quel momento erano soliti fare solo gli uomini, ed è proprio questo che scatena quella che viene definita la terza ondata del movimento femminista. Iniziano a battersi per il divario salariale, per le difficoltà che le libere professioniste incontravano sul posto di lavoro e, finalmente, iniziano a denunciare il problema delle molestie. 

Con il movimento Riot Grrrl si apre un altro capitolo storico femminista. La propaganda viene alimentata dalla distribuzione delle fanzine, con il motto D.I.Y. acronimo di “Do It Yourself”, ovvero, fare da sé, si tendeva ad abbattere i preconcetti imposti dalla società e i canoni estetici quali il peso e la bellezza. 


Per ribaltare completamente lo stereotipo maschilista utilizzano come mezzo di comunicazione il rock, capostipiti le Bikini Kill che nel 1992 uscirono con la canzone “Rebel girl” e come dimenticare le Spice Girls che con il loro fatidico motto “Girl power” influenzarono intere generazioni di ragazzine ad essere sognatrici, ribelli anticonformiste e sicure di sé stesse! 


Grandi donne hanno avuto il coraggio di cambiare il mondo e sono state genitrici e protettrici di una nuova mentalità, che le donne di oggi e di domani dovranno continuare a proteggere ed integrare. La Giornata internazionale dei diritti della donna, quindi, non è una sorta di teatrino, ma qualcosa che va celebrato e onorato con rispetto e genuino divertimento! È grazie a queste donne di ieri, che le donne di oggi possono godere di una certa libertà, e la riflessione è quella che v’è bisogno di più valore, più rispetto per sé stesse e di più aspirazioni, c’è tanto bisogno di migliorare la vita del singolo e del collettivo. Nel nostro piccolo possiamo contribuire a cambiare questo modello contorto e ridare alla donna il suo meritato e aspirato posto in società. Possiamo iniziare ora, ovunque siamo e con quello che abbiamo, tenendo a mente che nonostante sulla carta uomo e donna siano uguali, fino a quando il femminicidio e la violenza domestica saranno ancora un problema, non si potrà cantar vittoria.

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